Col primo gennaio 2021 sono entrate in vigore le modifiche alle regole tecniche già varate la primavera scorsa, la cui applicazione è stata resa possibile già nell’anno 2020, per consentire il necessario rodaggio.
Le intenzioni dell’Agenzia delle Entrate, che ha emanato i provvedimenti in argomento, sono quelle di fare in modo di avere progressivamente un quadro completo delle informazioni propedeutiche alla pre compilazione dei registri e della dichiarazione IVA.
Le intenzioni appaiono certamente condivisibili, però meritano due riflessioni. La prima è che occorre verificare che le modifiche apportate vadano nella direzione auspicata, la seconda riguarda l’esigenza che il progetto “fattura elettronica” sia parte di un progetto più ampio di digitalizzazione. A mio avviso abbiamo smarrito la strada maestra e ci stiamo allontanando dalle finalità che il legislatore si era prefissato e che il sistema economico nazionale si aspetta e merita.
I registri IVA pre compilati: ritorno al passato
Non appare coerente con le esigenze di digitalizzazione il solo parlare di registri IVA pre compilati.
Vero è che l’articolo 4 del decreto Legislativo 127/2015 prevede “semplificazioni amministrative e contabili”, ma ormai da anni cerco – senza successo – di capirne la coerenza con l’art.1, che, al comma 3-ter, ha già sancito erga omnes l’esonero dall’obbligo di annotazione delle fatture nei registri di cui agli art. 23 e 25 del DPR 633/1972.
Di fronte allo strabismo normativo sopra evidenziato, dobbiamo porci la domanda se il modo con cui l’Agenzia delle Entrate ha avviato il processo di evoluzione delle regole tecniche sia coerente con le esigenza di digitalizzazione e razionalizzazione di cui il legislatore si è reso interprete e di cui l’economia ha bisogno.
La complicazione del tracciato della fattura elettronica non semplifica nulla
Le maggiori informazioni e specifiche richieste dal nuovo tracciato della fattura elettronica hanno cercato di avviare il processo che dovrebbe condurre alla composizione del puzzle che determina la dichiarazione IVA annuale.
Dobbiamo tuttavia chiederci se sia o meno opportuno riversare sulle imprese l’onere di dotare la fattura elettronica di tutte le informazioni necessarie al completamento dei dati per pervenire alla corretta e completa determinazione del quadro di sintesi delle operazioni annuali. Così come dovremmo anche essere certi che le modifiche effettuate vadano effettivamente in questa direzione.
Sul primo punto, la risposta è decisamente negativa. Pur rendendomi conto che non è facile fare contenti tutti, da chi vorrebbe la massima semplificazione, anche a scapito della condivisibile esigenza di completezza delle informazioni, a chi vorrebbe esasperare la digitalizzazione anche ben oltre le possibilità attuali di recepimento degli operatori, le azioni intraprese hanno già creato problemi applicativi non indifferenti, che hanno generato e genereranno errori che compromettono sia la bontà dei dati in possesso del SDI, sia la serenità delle imprese. Sotto questo profilo, non è stata certamente una buona idea quella di esonerare alcuni contribuenti dall’obbligo di fatturazione elettronica; magari sarebbe stato sufficiente un décalage temporale, in modo da generare una standardizzazione dei processi aziendali (soprattutto quelli passivi). L’auspicio è che il legislatore ritorni sui suoi passi e si renda conto che la digitalizzazione non può essere parziale, altrimenti genera problemi maggiori dei benefici. Si comprende perché l’ADE abbia ritenuto opportuno implementare i codici “natura operazione”, si comprende meno (più avanti si chiarirà meglio il perché della riserva) la esigenza di specificare meglio il “Tipo documento”, ma non si comprende affatto la ragione per cui sia stata disposta la distinzione tra le fatture immediate e le fatture differite (TD01-TD24 e TD25), posto che tale distinzione è irrilevante nell’ottica della acquisizione dei dati necessari alla liquidazione dell’imposta e della dichiarazione annuale IVA. Sorge quindi il sospetto che l’obbligo di distinzione affondi le sue radici nella esigenza di monitorare il comportamento dei contribuenti e sanzionare gli errori che, soprattutto in questa fase iniziale, sono stati parecchi. Se così fosse – come temo – ci troveremmo di fronte ad un uso distorto della normativa regolamentare, anche perché correre dietro alla ricerca delle irregolarità formali dei contribuenti non penso sia l’obiettivo di una pubblica amministrazione lungimirante.
Il processo di fatturazione elettronica: una digitalizzazione a metà…
Si è avuto più volte modo di considerare che non sarebbe stato sufficiente introdurre l’obbligo della fatturazione elettronica per digitalizzare i processi aziendali, soprattutto nelle ipotesi di fatturazione differita. Infatti, la trascrizione in fattura delle righe di dettaglio che caratterizzano la operazione è una operazione possibile solo nel caso in cui il gestionale che cura la emissione del documento di trasporto è lo stesso di quello che genera la fattura elettronica. In questo caso è previsto che la fattura elettronica contenga le righe di dettaglio nella sezione 2.2 (<DatiBeniServizi>), in modo che il campo 2.2.1.1 (<NumeroLinea>) venga associato al Documento di traporto relativo nel campo 2.1.8.3 (<RiferimentoNumeroLinea>), a meno che la fattura non riguardi un solo DDT, ed in questo caso il riferimento alla linea può non essere valorizzato.
L’Agenzia delle Entrate ha condivisibilmente espresso parere favorevole1 alla possibilità di allegazione della copia del DDT (previa digitalizzazione del documento analogico) alla fattura elettronica per consentire al contribuente sia di evitare la indicazione del dettaglio dei beni/servizi ceduti, sia di evitare la conservazione analogica del DDT che, una volta “allegato” alla fattura a costituirne parte inscindibile, sarà conservato digitalmente assieme ad essa. C’è tuttavia da chiedersi se, superata la fase iniziale, una simile procedura sia compatibile col processo di cui la fattura elettronica dovrebbe rappresentare solo l’incipit. Probabilmente pochi hanno compreso che la digitalizzazione parziale non solo neutralizza i vantaggi che i processi digitalizzati dovrebbero apportare, ma crea ostacoli anche ai processi analogici, generando “dislivelli” operativi ed organizzativi che è possibile gestire solo in presenza di procedure ben progettate e collaudate.
La platea dei soggetti che non hanno compreso la portata storica della evoluzione digitale introdotta dalla fattura elettronica è molto vasta.
In prima linea mi corre l’obbligo di inserire la mia categoria, i cui rappresentanti sono intervenuti nelle varie sedi più che per fornire i contributi tecnici richiesti, per chiedere rinvii, differimenti o avvii selettivi.
Anche una parte della classe politica, magari tentando di perseguire un proprio tornaconto in termini di consensi, si è battuta per esonerare dalla fatturazione elettronica i micro-contribuenti, ma anche questa strategia, in un ottica di medio periodo, è risultate perdente per tutti, al punto che molti soggetti esonerati hanno optato comunque per la fatturazione elettronica.
Addosserei una parte di responsabilità anche al legislatore, che avrebbe dovuto inserire la fattura elettronica all’interno di un progetto più ampio, le cui linee guida avrebbero dovuto costituire l’ossatura sulla quale attuare la riforma digitale dei libri e delle scritture contabili. Invece ci troviamo di fronte ad un intervento regolamentare sotto forma di provvedimenti Direttoriali dell’Agenzia delle Entrate che non sempre riescono ad essere coerenti con i dichiarati obiettivi di semplificazione e razionalizzazione. Tornando all’esempio sopra citato a proposito della proliferazione dei Tipi Documento TD01-TD24-TD25, è chiaro che, indipendentemente dalla “eticità” di una norma regolamentare – che sembra dettata al solo fine di legittimare la irrogazione di sanzioni – l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto risolvere la questione in maniera molto più elegante, per esempio riconoscendo la fattura differita dalla compilazione del blocco 2.1.8 della fattura elettronica (<DatiDDT>) ed eventualmente aggiungendo un flag che potesse distinguere la ipotesi prevista dall’articolo 21, quarto comma, lettera a) del DPR 633/1972, per cui il termine per emettere la fattura differita è il giorno 15 del mese successivo quello di effettuazione delle operazioni, rispetto a quella prevista dalla successiva lettera b)2 per cui il termine di emissione è la fine del mese successivo a quello della consegna o spedizione dei beni.
Ma la censura più grossa che mi sento di muovere alla direzione impressa alla fattura elettronica è il cercare di gravare la fattura elettronica di tutte le informazioni necessarie al completamento dei vari puzzles dichiarativi. Il processo di fatturazione – che tra l’altro ha tempi di emissione rigorosamente contingentati – deve restare quanto più possibile snello. Non è possibile trasferire nel tracciato della fattura elettronica tutte le informazioni per la sua corretta contabilizzazione, anche perché l’imprenditore potrebbe non essere in condizioni di adempiere con immediatezza e precisione. Un modo semplice ed efficace per contemperare la esigenza di essenzialità e rapidità della fatturazione elettronica con quella di completezza dei dati potrebbe essere quello di generare una “appendice” xml alla fattura elettronica, da unire logicamente in maniera inscindibile ed immodificabile ad essa, per integrare tutte le altre informazioni che generalmente sono aggiunte al momento della contabilizzazione. Per esempio, a cosa serve al destinatario della fattura sapere se la cessione, lato cedente, riguarda un bene oggetto dell’attività ovvero un bene ammortizzabile? per non parlare poi delle complicazioni connesse alla limitazione, soggettiva o oggettiva, sulla detraibilità dell’IVA acquisti. Vedere una fattura come una medaglia con due facce, una snella ed immediata, ed una seconda più complessa e mediata dalle figure professionali che intervengono nei processi contabili, avrebbe raggiunto anche l’obiettivo di completare la digitalizzazione die processi ed attuare la soppressione dei registri IVA e della dichiarazione annuale, trasformando questi storici adempimenti in una query del database composto dalle fatture elettroniche e dalla loro integrazione.
Occorre non perdere di vista gli obiettivi della digitalizzazione
Come detto sopra, i processi digitali necessitano di una fase preliminare di progettazione, senza la quale somigliano molto alla famosa autostrada Salerno-Reggio Calabria di qualche anno fa: piena di interruzioni che non ne consentivano la fruibilità, e con l’unica certezza di non poter avere una previsione affidabile dei tempi di percorrenza.
La esistenza del progetto servirebbe anche ad evitare di adottare scelte incoerenti con le esigenze di un paese, proiettato in un sistema economico globale in cui i costi amministrativi possono rappresentare un elemento discriminante per la localizzazione geografica degli investimenti. Se a ciò aggiungiamo anche la incertezza del diritto e la progressiva espansione dei metodi statistico-presuntivi per l’accertamento del reddito ci rendiamo facilmente conto che abbiamo messo una palla al piede alle nostre imprese e alzato barriere all’ingresso dei nostri confini per le imprese straniere.
Non resta che augurarci che prendiamo tutti coscienza di tutto ciò e corriamo ai ripari prima che sia troppo tardi.
1 FAQ 52 del 21/12/2018
2 cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente